Tutta la comunità europea esprime sull’Erasmus un parere molto positivo: si tratta di un’esperienza che aiuta i giovani ad ampliare i propri orizzonti, a conoscere nuove realtà e impararne le peculiarità, a imparare una nuova lingua e a maturare importanti amicizie in campo internazionale.
Persino il Regno Unito, nonostante la Brexit in arrivo, ha esplicitato l’intenzione di non rinunciare al programma Erasmus Plus.
L’iter per partecipare all’Erasmus lo conosciamo tutti. Ci sono bandi, domande, borse di studio, c’è l’organizzazione da parte dei docenti e di gruppi come Sagitter Training che si occupano di agevolare i ragazzi per quanto riguarda l’alloggio, il tirocinio, i trasporti e tutto quanto concerne il periodo di mobilità. Sappiamo anche che molti studenti in Italia, spesso non partecipano al programma perché sono studenti lavoratori, e anche se magari hanno tutte le carte in regola per andare a studiare all’estero, spesso rinunciano perché pensano di perdere il lavoro.
Ma è davvero così? Per capirlo, bisogna osservare cosa prescrive la legge italiana in tema di diritti degli studenti lavoratori.
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La frequenza dei corsi
Al momento in Italia ci sono effettivamente delle leggi che tutelano gli studenti che lavorano per mantenersi gli studi o per mettere un po’ di risparmi da parte e mirano ad assicurare allo studente la possibilità di seguire regolarmente le lezioni in aula e sostenere gli esami.
Gli studenti lavoratori hanno diritto a orari di lavoro ridotti, esonero dal lavoro straordinario e nei giorni di riposo e giornate di permesso regolarmente retribuite dal datore di lavoro.
Quando si sostiene un esame, insomma, è concesso al lavoratore di assentarsi per tutta la giornata, a prescindere dall’esito dell’esame.
Esistono anche agevolazioni per gli studenti lavoratori che frequentano corsi di recupero degli anni dell’obbligo e per lavoratori stranieri che frequentano corsi di italiano, con un monte di 150 ore in tre anni regolarmente retribuite, purché il corso superi la durata minima di 300 ore.
Per l’Erasmus?
Per quanto riguarda la mobilità all’estero, c’è da dire che le normative al momento risultano lacunose, se si tiene in considerazione che la legge non prevede il caso specifico degli studenti lavoratori in Erasmus, ma vale la pena citare la normativa che disciplina l’aspettativa per motivi di studio.
L’aspettativa, in pratica, è un periodo in cui un dipendente non è in grado di prestare la sua attività lavorativa, ma resta regolarmente inquadrato all’interno dell’organico dell’azienda.
L’aspettativa viene concessa per motivi familiari, personali e di studio e può essere richiesta sia per un periodo lungo che per brevi periodi a cadenza più o meno regolare, purché il dipendente abbia maturato (nel caso dell’aspettativa per studio) 5 anni di anzianità all’interno dell’azienda.
Durante tale periodo, lo studente lavoratore in genere non ha diritto alla retribuzione, non matura scatti di anzianità, ma in compenso mantiene l’impiego e non deve temere di essere licenziato dall’azienda. L’unica limitazione è quella relativa alla durata dell’aspettativa, che ha un massimo di 11 mesi.
Parlarne coi dirigenti dell’azienda
In ogni caso, è bene verificare con il proprio datore di lavoro che non ci siano ulteriori possibilità di mettersi d’accordo. L’esperienza dell’Erasmus è molto importante sia per il proprio percorso di studi che per la futura carriera e se il tuo capo vuole investire su di te, non avrà motivo di negarti questa possibilità.